Perché sono qui a scrivere e come ho deciso di farlo
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Perché sono qui a scrivere e come ho deciso di farlo

Ho dato retta alla mia vocina interiore, e ora? La mia visione e la mia missione. E come intendo portare il messaggio

Ok ChatGPT, genera il testo di questa pubblicazio… Ok scherzavo. Internet si sta già riempiendo di contenuti generati artificialmente, qui manteniamo un po’ di umanità e imperfezione, che ne dici?

Ce ne ho messo di tempo

La mia vocina ha martellato per anni prima che le dessi retta e iniziassi a divulgare ciò che ho imparato. Ci ho messo molto tempo a sentirmi pronto per dare il mio contributo al prossimo, utilizzando internet.

Qualcuno la chiamerebbe sindrome dell’impostore, e forse avrebbe anche ragione. Solo nel 2022 ho iniziato a muovere i primi timidi passi nella divulgazione di Alfabetizzazione Informatica. Il mio obiettivo è in particolare stimolare consapevolezza informatica, per niente banale!

L’anno scorso, infatti, avevo organizzato un corso in presenza. Argomento: sicurezza informatica quotidiana di base, aperto a tutti i livelli. Non è andato bene quanto speravo, e da lì ho capito che bisognava trovare un modo per divulgare sicurezza e privacy online, mantenendo comunque un minimo di privacy personale!

Sul mio sito parlo vado più in dettaglio del mio percorso per arrivare fin qui: la mia storia. Se non l’avessi ancora letto ti consiglio di aprirlo in un’altra scheda per leggerlo una volta finito qui!

Ad ogni modo miei ultimi mesi sono stati molto intensi, tra cambiamenti di casa, dinamiche famigliari, il diventare papà e tutto ciò che c’è nel mezzo. In questo vortice mi sono anche messo sotto a studiare come comunicare agli altri chi si è, in ambito professionale s’intende. Sì, sono un consulente informatico, ma qual è la mia essenza in questo ruolo? Uno degli esercizi diceva di scrivere la propria mission e vision come se si fosse un’azienda.

Erano una delle prime cose che avevo scritto in quel periodo, quando mi stavo conoscendo. E ho conservato quelli scritti. Non troverai la mia missione e la mia visione sul sito, ho deciso di metterle solo qui. Eccole.

La mia visione

Vivere in un mondo dove la tecnologia digitale (informatica) e le aziende, che offrono prodotti & servizi a essa connessi, siano al servizio dell'uomo. Che agiscano per il suo bene, in modo etico, chiaro e trasparente. Un mondo dove le persone sono ben informate sulle potenzialità e rischi dell'uso della tecnologia digitale nelle sue varie forme.

Le persone di questo mondo sono tutte consapevoli, cooperative, desiderano il bene del prossimo. Le persone sono alfabetizzate nei temi di informatica quotidiana.

Conoscono l’utilità o meno di certi prodotti o servizi e ciò che è importante nella vita. Ovvero apprezzare le piccole cose, conoscersi, sentirsi parte della Natura, coltivare gioia, entusiasmo e dare valore al proprio tempo.

Un mondo dove la tecnologia digitale è open source o comunque dove con un qualche sistema si può star tranquilli riguardo il funzionamento di un servizio/software anche se closed-source.

Un mondo dove il modello di business non è vendere software come bene di consumo (ehm… Microsoft).

Un mondo dove la raccolta dati indiscriminata e incontrollata non è incentivata e si può fare business in altro modo più etico. Un mondo dove chi sta "sopra", che sia GAFAM [[1]] o lo Stato, abbia minima o nulla interferenza nella vita delle persone. Un mondo dove il principio di non aggressione sia applicato in tutti gli ambiti della vita, spontaneamente e non per via di una legge.

[[1]]: Acronimo delle principali big-tech, ovvero Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft. Anche se è un acronimo da svecchiare perché sono cambiate diverse cose, rimane quello più conosciuto https://it.wikipedia.org/wiki/GAFAM

La mia missione

La mia visione del mondo, avrai notato, è ben diversa da com'è lo stato attuale. In ambito informatico e digitale, infatti, il progresso tecnologico non sempre è incanalato a favore del benessere di ciascuno di noi.

I grandi attori del mondo tech e gli Stati hanno co-creato tutto questo, deliberatamente o meno. Non intendo starmene a guardare e ritengo che la spinta del cambiamento deve venire dal basso, da me e te.

Mi attivo quindi a guidarti con criterio a far tesoro delle potenzialità di internet e della tecnologia informatica che permea la quotidianità, potendo grande focus nel mitigare rischi e insidie non visibili a una prima occhiata, soprattutto lato sicurezza e riservatezza dei dati personali.

Punto a renderti informato, consapevole e libero di scegliere come gestire i tuoi dati personali, alterare la tua presenza online aumentandola o riducendola al minimo. Ti aiuto nel saper scegliere e utilizzare con efficacia i tuoi strumenti tecnologici e servizi che adoperi. In un concetto, fare Alfabetizzazione informatica, di un certo spessore!

Come? Attraverso la divulgazione, la guida, i consigli, consulenze personalizzate e persino realizzazioni di siti web professionali grazie a collaboratori di fiducia.

Una presa di posizione

Le ho copiate e incollate così com’erano, scritte mesi e mesi fa. I lettori più attenti potrebbero aver percepito un punto di vista atipico, simpatizzante della scuola Austriaca di economia.

Volendo sintetizzare, vedo di buon occhio un’apertura maggiore del mercato e maggior fiducia nella auto-gestione delle interazioni umane. Questo perché il modello statalista si sta dimostrando eccessivamente limitante e controllore. Esso limita il dispiegarsi dell’essenza umana che è fatta di cooperazione, altruismo e non belligeranza. In altre parole, ritengo possibile l’applicazione del principio di non aggressione auto-regolato da ciascuno di noi, senza una forza impositiva superiore.

Il tema della libertà è complesso e non è mia intenzione affrontarlo in questa pagine, anche perché non sposo mai un’ideologia al 100%, è tutto una questione di equilibri e compromessi.

Privacy Chronicles invece ha affrontato maggiormente questo tema e in generale mi trovo molto d’accordo con quanto scrive Matte nella sua newsletter. Consiglio la lettura di qualche suo scritto gratuito per farti un’idea più approfondita di quanto potrei fare io in questa pubblicazione.

Tornando a me, dopo questo periodo di introspezione e raccolta della mia esperienza pregressa in campo informatico (e non solo), sono giunto a DigiDati.

Un nome che racchiude il digitale, perché ormai la nostra vita digitale è inseparabile da quella reale. Racchiude i dati che sono la fonte di ricchezza più grande della nostra era. I più attenti troveranno anche l’acronimo iD, ovvero identità digitale. Quella gli enti e le banche non vedono l’ora di appiopparci, nel modo che vogliono loro ovviamente.

Cosa vedo attorno a me e come reagisco

Alcune grandi aziende in ambito informatico sono influenti ormai quanto paesi interi. Il progresso tecnologico va alla velocità della luce. E da un po' c'è anche l'Intelligenza Artificiale che è sulla bocca di tutti…

Ora più che mai c'è bisogno di Alfabetizzazione Informatica! Ma non quella che insegna a usare ciò che va per la maggiore senza un criterio. Quella, in genere, non spiega il perché delle cose. Massì dai, un servizio o programma vale l'altro. Vai di quello che usano tutti e sei a posto no? No porca paletta!

L’impellente necessità di autodifesa digitale

È in atto un'espropriazione sistematica e continuativa di un qualcosa di personale, di mio e di tuo. Nel mondo digitale tutto ciò che facciamo, guardiamo, ascoltiamo viene conservato e analizzato. Le nostre relazioni, esperienze, speranze e soprattutto paure, alimentano questa macchina. Per scopi che vanno ben oltre la profilazione pubblicitaria.

Lo sviluppo tecnologico ha permesso alle grandi aziende tech e governi a una raccolta dati e sorveglianza inimmaginabile fino a pochi decenni prima.

Nell'era digitale ogni azione, pensiero e click è permanente e schedato. Sono poche le aziende che fanno della privacy il loro cavallo di battaglia e non raccolgono dati su di te. Per fortuna stanno aumentando, ma sono ancora troppo poche.

Naomi Brockwell spiega bene a che punto siamo con la privacy e sorveglianza (in inglese, ma su YouTube potete impostare i sottotitoli automatici in italiano). Ecco il link di Invidious [[2]] : https://yt.cdaut.de/watch?v=HYAQYbE63wo

[[2]]: Invidious è uno specchio dei contenuti su YouTube, senza la parte di tracciamento utente. Maggiori info: https://libreadvice.org/invidious-guida/.

Lei sostiene che le leggi cambiano, le norme sociali cambiano, ma i tuoi dati rimangono. Quindi anche se appoggi l'operato del governo e delle istituzioni sovranazionali attuali, ricorda che quelli cambiano. Ciò che è legale oggi potrebbe non esserlo domani.

La privacy è un ingrediente fondamentale per una società libera e prospera.

Nella conferenza, Naomi cità Sami Burja che dice giustamente:

Internet ci ha reso molto più trasparenti ai governi e alle grandi aziende, ma non ha reso i governi e le grandi aziende più trasparenti a noi. E questa asimmetria informativa è fondamentale per il controllo.

In realtà, da sempre nella storia si punta al controllo più o meno velato del popolo, niente di nuovo sotto il sole. È solo più difficile da vedere dall'interno, ovvero mentre si vive un determinato periodo storico.

Ciò che c'è di nuovo sono gli strumenti coinvolti in questo. Ovviamente intendo lo sviluppo tecnologico e informatico. In particolare di internet e la sua capacità di trasmettere dati; e i dispositivi con ormai grandi capacità di calcolo ed estremamente compatti.

E quindi che si fa?

Mi sono attivato in prima persona a diffondere concetti e strumenti di autodifesa digitale. In primis ti aiuto a conoscere il funzionamento di internet e dei dispositivi tecnologici che ti circondano. Una volta che hai capito come funzionano, ti aiuto a utilizzarli con le dovute accortezze per evitare attacchi alla tua privacy, la tua sicurezza, i tuoi dati e la tua persona in generale.

L’obiettivo è farti camminare con le tue gambe! Così anche tu diventi capace di gestire la tua vita digitale e sei una persona consapevole in più.

Bisogna agire dal basso, un essere umano alla volta. La consapevolezza di ciascuno di noi è importante per migliorare lo stato delle cose. Fai la tua parte, e se vuoi una mano sono qui.

La puntata del podcast sul “perché”

La puntata numero 1 parla proprio del perché della mia volontà di divulgare e insegnare questi temi. Per farti un’idea più completa ti consiglio di ascoltarla dato che parlo di concetti diversi rispetto a questo articolo.

Ok ma come portare al mondo queste informazioni mantenendone il controllo?

Con i podcast la questione è abbastanza semplice. Ho i miei file audio da sparare sulle varie piattaforme che elencano i podcast, come Spotify, Apple Music, Amazon Music, ecc. Se un giorno queste piattaforme dovessero censurarmi, avrei certamente minore visibilità, ma l'ascolto del podcast può continuare semplicemente su altre piattaforme minori, direttamente sul sito o tramite il feed RSS.

Per quanto riguarda i miei pensieri scritti come articoli e le guide, inizialmente avevo scelto Substack.

La breve avventura con Substack

Potresti dirmi:

Guarda che Substack è americana, e non è nemmeno open-source, non dovrebbe essere il peggio del peggio?

Tutto giusto e corretto. Il problema delle aziende americane è la maggior interazione con le agenzie dell’intelligence statunitensi, le quali adorano profilare e analizzare le comunicazioni del mondo intero. [[3]]

[[3]]: Edward SnowdenWikiLeaks e altre fonti nell’ultimo decennio confermano quanta tendenza. L’argomento necessità di spazio per essere affrontato, ne parlerò nelle prossime pubblicazioni.

Per motivi di privacy, idealmente dovrei scegliere un servizio che è al fuori delle Five-Eyes [[4]] e anche delle Fourteen-Eyes [[5]].

[[4]]: Nel 1946 si è formata un'alleanza tra cinque Paesi anglofoni e le loro agenzie di sicurezza: Stati Uniti (NSA), Regno Unito (GCHQ), Australia (ASD), Canada (CSEC) e Nuova Zelanda (GCSB), che comprende una serie di accordi bilaterali sulla sorveglianza e la condivisione di informazioni.

[[5]]: Alleanza delle Five-Eyes allarga ad altre nazioni: https://privacyinternational.org/learn/five-eyes

Substack ha sempre lasciato la libertà di scrivere quello che si vuole, quindi avevo deciso di utilizzarla ugualmente. Anche perché è un ottimo strumento se l'obiettivo è parlare a persone risuonano con i miei ideali e i miei contenuti e mantenere un contatto con loro.

Substack infatti è un sito/blog che invia le nuove pubblicazioni via email agli iscritti. Permette quindi di creare un canale di comunicazione utilizzando una semplice e banale email, anche alias, senza la necessità di andare ogni volta sul sito in questione. Però solo chi si prende la briga di lasciare un’email ottiene accesso a tutto il materiale pubblicato.

In questo modo io sono sicuro (più meno) che la persona iscritta è veramente interessata a ciò che ho da dire. E la persona stessa sa che fa parte di altri iscritti che hanno una visione simile.

Lascio comunque diversi contenuti pubblici e accessibili senza l'email, così come resteranno sempre pubblici i miei podcast. Quando invece pubblico guide e scritti più approfonditi, quelli sono riservati esclusivamente a persone iscritte.

Con i contenuti dietro l'iscrizione, mi sento più tranquillo anche a spaziare su temi oltre la privacy e sicurezza informatica e mi lascio andare a considerazioni sul mondo ed esperienza di vita personale.

Uno dei motivi per cui l'avevo scelto Substack riguardava anche la quasi assenza di censura. È possibile avere dibattito, avere opinioni contrastanti e dialogare pacificamente per capire i punti di vista del prossimo. Non ho timore di scrivere una parola di troppo rischiando la censura ogni tre per due. La censura online di opinioni scomode o non allineate al pensiero comune dominante è sempre esistita, intendiamoci.

Negli ultimi anni, però, si è enormemente intensificata e sono contento che Substack rimanga ancora “in piedi”. Hanno anche una Privacy Policy tutto sommato migliore di altre Big Tech, anche se non è il massimo.

Poi ho notato che ci tengano alla sicurezza e alla segnalazione anonima da parte di terzi di eventuali problemi. Infine si può in ogni momento esportare la lista degli iscritti e volendo, un giorno, importarla su un altro servizio di newsletter, magari self-hosted. [[6]]

[[6]]: Self-host vuol dire ospitare da sé, privatamente, un servizio. Per esempio su un server proprietario su cui funziona il servizio newsletter. Qui lo si spiega meglio: https://libreadvice.org/che-cosa-vuol-dire-self-hosting/.

Certo, non posso sapere con certezza come funziona nel tecnico questa piattaforma, non essendo il loro codice sorgente aperto. Ma anche se lo fosse, non avrei comunque la certezza che il codice sorgente dichiarato sia effettivamente ciò che gira sui loro server.

Il passaggio a un sistema indipendente e più malleabile

Su Substack avevo pubblicato giusto 3-4 cose, poi ho capito che non ho avevo molto controllo nel limitare i contenuti solo per iscritti (più altre cose tecniche) e quindi ho deciso di aggiungere al mio sito vetrina che aveva solo qualche informazione testuale su di me, la funzionalità di blog e newsletter, tipica di Substack.

Stai leggendo questo testo grazie al lavoro dei ragazzi di Ghost.org, e io ti lascio proseguire con la tua navigazione alla scoperta del mio nuovo sito 😄

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